LA CRISI DELL’IMMAGINE COME “SIMULACRO” MATERIALE
Sebbene corrisponda per molti aspetti ad alcune convinzioni di senso comune, il modello proposto da Lucrezio non è in grado di rispondere ad alcune semplici obiezioni di “buon senso, suggerite dall’esperienza stessa della camera oscura. Come si spiega, infatti, che l’immagine, una volta staccatasi come un tutt’uno dall’oggetto, possa penetrare nella stanza attraverso quel forellino senza frantumarsi, per poi ricomparire sullo schermo rovesciata e rimpiccolita? E come potrebbe, inoltre, fornire all’occhio una sensazione visiva precisa e completa dell’oggetto, dal momento che l’occhio dispone di una superficie esterna molto piccola e può essere assimilato, oltre tutto, ad una piccola camera oscura?
E’ DURO ABBANDONARE LE POCHE CERTEZZE CHE ABBIAMO
E’ sempre molto duro quando ci vengono meno alcune certezze che pensavamo incrollabili. Ancora più duro quando riguardano un argomento delicato come quello della fiducia che possiamo nutrire nelle cose che vediamo e tocchiamo. Quante volte abbiamo di credere soltanto a quello che “vediamo con i nostri occhi” e “tocchiamo con mano”. E non si esclama, forse, “non credo ai miei occhi” per esprimere una grande sorpresa e meraviglia? E’ come se il contatto diretto, visivo o tattile, con l’oggetto ci garantisse circa la realtà e la verità di ciò che stiamo vivendo. Da questo punto di vista il modello di Lucrezio ci offre le più ampie garanzie: il simulacro esterno dell’oggetto viene a “toccare” i nostri sensi provocando le stesse sensazioni che ne avremmo toccandolo direttamente. Se così non è, che cos’altro può darci una certezza maggiore di questa cosa che proviene direttamente dall’oggetto?
DOVE RIPORRE LE NUOVE CERTEZZE? NEGLI OCCHI? NELLA LUCE?
Nel novero dei fattori che sembrano caratterizzare il fenomeno della visione, abbiamo soltanto due altri elementi ai quali rivolgerci: gli occhi e la luce.
Tra i due, la luce sembrerebbe quella meno adatta. E’ vero che essa ci assicura le condizioni di visibilità, ma proviene da una sorgente lontana e l’oggetto si limita a rifletterla in maniera totalmente diffusa e disordinata? Come può una luce così caotica dar luogo ad immagini tanto precise ed ordinate?
Gli occhi, invece, sembrerebbero più adatti alla bisogna.