KEPLERO: L’IMMAGINE “VIRTUALE” VIENE VISTA “DIETRO” LO SPECCHIO
La dimostrazione di Keplero viene riportata in tutti i manuali; in essa si considerando solitamente due o più raggi che partendo da un punto dell’oggetto vengono riflessi dallo specchio verso gli occhi dell’osservatore, il quale vedrà l’immagine del punto oggetto nel vertice in cui convergono i prolungamenti dei raggi riflessi.
Per la geometria della riflessione ( angolo incidenza = angolo riflessione ) l’immagine risulta in posizione simmetrica rispetto al piano dello specchio.
Poiché in questa immagine non transitano realmente i raggi luminosi, ma solo i loro prolungamenti geometrici, l’immagine viene definita immagine virtuale (Keplero usò il termine intentionales).
L’occhio vede l’oggetto “come se fosse” dietro lo specchio; si tratta, dunque, di una illusione ottica.
Come si fa a verificare un’immagine “virtuale”?
Molto interessante, ma come si fa a verificare che sia proprio così? Come facciamo a verificare che la distanza effettiva alla quale l’occhio vede l’immagine sia proprio quella prevista dalla costruzione geometrica? Cosa misureremo se dietro allo specchio non c’è niente di reale, ma solo un’immagine virtuale e illusoria? Quello che possiamo fare è tentare di “materializzare” l’immagine, ponendo nella posizione prevista da Keplero un oggetto identico all’oggetto posto davanti allo specchio.
Una prima esperienza molto semplice consiste nel mettere una moneta M1 davanti allo specchio ed una moneta identica M2 dietro allo specchio S, in posizione simmetrica, facendo ben attenzione che il piano dello specchio sia perpendicolare al piano del tavolo di appoggio (foto 1). Quindi osserveremo nello specchio l’immagine riflessa (foto 2), iniziando poi lentamente a sollevare la testa e lo sguardo, come a voler sbirciare dietro lo specchio. Così facendo l’immagine riflessa della moneta si avvicinerà sempre più al bordo superiore dello specchio fino a toccarlo. Oltre questa posizione il bordo dell’immagine comincerà ad uscire dallo specchio e contemporaneamente comincerà ad essere sostituito dal bordo reale della moneta posta dietro lo specchio (foto 3).
Una seconda verifica, ancora più elegante, può essere fatta ricorrendo alla proprietà della lastra di vetro ( vedi capitolo “Il vetro-specchio della finestra”) di fungere sia da lastra trasparente sia da specchio, a seconda del rapporto tra l’illuminazione posteriore e quella anteriore.
Sarà sufficiente, in tal caso, disporre le due monete identiche M1 ed M2 e di una lastra di vetro e di una scatola di cartone. Si disponga M1 all’esterno della scatola ed M2 all’interno (nella prima foto si vedono le due monete illuminate allo stesso modo da una lampada sovrastante; la lastra di vetro è momentaneamente poggiata sopra la scatola) .
A questo punto si appoggia la lastra sull’apertura della scatola, in modo che risulti perpendicolare al piano di appoggio; si sposta, inoltre, la lampada in modo che l’interno della scatola risulti in ombra rispetto all’esterno; in queste condizioni (seconda foto) sul vetro-specchio appare l’immagine riflessa di M1 (quella indicata dal dito) mentre M2 continua a vedersi per trasparenza; si noterà che l’immagine riflessa di M1 non coincide ancora con M2. A questo punto sarà sufficiente spostare M1 con il dito, finché la sua immagine non andrà a coincidere con M2. Sarà facile controllare a questo punto che M1 ed M2 sono in posizioni simmetriche rispetto alla lastra.
Ma non sarà che tutte le immagini sono virtuali?
Queste verifiche qualitative ci permettono di fidarci un po’ di più della attendibilità della teoria. Restano, tuttavia, alcuni dubbi legittimi. Se, ad esempio, l’immagine è virtuale, e quindi soggettiva, ogni osservatore produrrà una propria percezione, diversa da quella degli altri. D’altra parte, se l’immagine ottica è quella che viene percepita attraverso gli occhi e rielaborata dal cervello, nessuna immagine potrà mai sottrarsi a questa soggettività; tutte le immagini, in altre parole, avranno un carattere “virtuale” ( cioè cerebrale ). Cominciano, come si vede, ad affacciarsi alcuni dubbi di carattere linguistico e concettuale sulla appropriatezza della distinzione corrente tra immagini reali e virtuali. Si comincia a sospettare, in altri termini, che nel concetto di immagine, in quanto prodotto del cervello, sia già implicito il suo carattere virtuale, e che la consueta opposizione tra immagine reale e virtuale finisca per celare una parentela molto stretta. Una piccola scoperta, verificatasi nel vivo di una interazione didattica sulle immagini osservate nello specchio piano, è destinata a rafforzare questi primi dubbi e a mettere ulteriormente in crisi la definizione di immagine reale e virtuale riportata da tutti i testi di ottica.