OTTICA FISICA E PSICOLOGICA
Come abbiamo visto, è difficile, se non impossibile, sradicare l’immagine dal suo terreno di coltura, che è quello della visione.
Non è privo di interesse mettere in rilievo che la luce era nata nella visione e che non sarebbe stato possibile altrimenti. Se non ci fosse stata la vista, chi sa se neppure oggi si parlerebbe di luce.( Ronchi, pag. 130)
Non si può pronunciare la parola “immagine” senza evocare una “apparizione”, che avviene tanto “davanti ai nostri occhi” quanto nella nostra mente . Le immagini che riusciamo a fissare sulla retina, in un quadro o una fotografia non esauriscono il processo di “immaginazione” mentale, ma lo alimentano ulteriormente, con la produzione di nuove immagini.
L’ottica fisica e geometrica debbono necessariamente privilegiare lo studio del primo tipo di immagini , ma è opportuno che dichiarino i limiti di questa scelta, senza pretendere di esaurire il discorso sulla visione nell’ambito delle proprie competenze.
Non si tratta di rinunciare all’efficacia di un metodo di indagine, come quello fisico, che fa della semplificazione dei fenomeni e della separazione delle variabili misurabili, i propri punti di forza.
Si vuole semplicemente evitare che la semplificazione e la circoscrizione del campo di indagine diventino separazione e rimozione degli aspetti più complessi e, quindi, culturalmente più interessanti.
Se, in altre parole, la fisica vuole limitare il suo campo di indagine, è bene che indichi nello stesso tempo quali altre discipline sono in grado di sviluppare i temi che la fisica sceglie, per economia, di accantonare.
Riteniamo che nel campo dell’ottica, in particolare dell’ottica geometrica, l’accantonamento e la rimozione dell’osservatore e del suo sistema visivo, non solo precludano lo sviluppo di collegamenti interdisciplinari importanti in direzione dell’ottica psicologica e delle arti visive ( percezione, Gestalth, ….), ma possono diventare fonte di contraddizione e confusione all’interno stesso dell’ottica fisica.
Ci sembra, a tale proposito, di intravvedere un elemento di contraddizione all’interno della definizione corrente di immagine reale e virtuale , che da un lato cerca di racchiudere l’immagine nell’ambito “oggettivo” della geometria , dall’altro ne evoca la sua natura psichica, tanto nel sostantivo “immagine”, quanto nell’aggettivo “ virtuale “.
A ben vedere nessuna immagine sembra potersi sottrarre alla elaborazione “virtuale” dell’osservatore. La distinzione tra immagine reale e immagine virtuale sembra non riguardare tanto la natura dell’immagine, ma piuttosto le diverse condizioni sperimentali che consentono all’osservatore di vederle.
Crediamo, inoltre, che sia necessaria una approfondita riflessione sui termini stessi di “reale” e “virtuale” , che andrebbe condotta insieme ai nostri colleghi di lettere e filosofia. Questi termini coinvolgono, infatti, l’eterna dialettica tra “mondo reale” e “conoscenza del mondo reale”.
Cercheremo ora di esporre le ragioni della nostra crescente perplessità, che nasce da un lungo percorso didattico, iniziato proprio da un provvidenziale momento di “crisi” verificatosi nel vivo dell’esperienza scolastica.