GLI OSTACOLI DEL SENSO COMUNE
IL PUNTO DI PARTENZA: LA CONOSCENZA COMUNE PRE-ISTRUZIONE
a) Buio come “sostanza” e luce come “condizione” per vedere
Quando si accende improvvisamente la luce o lentamente si fa giorno, gli oggetti e le ombre sembrano riemergere dal mare oscuro che li aveva sommersi, riacquistando le loro forme e i loro colori.
Il buio è descritto dai bambini e dal linguaggio comune come una sostanza scura che impedisce agli occhi di vedere. Per alcuni è una sostanza fluida che “scende” dall’alto come una nebbia scura e invade lo spazio rendendolo impraticabile alla vista ( calare della notte, scendere del buio). Per altri acquista la consistenza di un velo nero che scende sugli occhi o, addirittura, di un muro. Il buio acquista, a volte, la consistenza del liquido. Si è immersi nel buio profondo, denso, fitto, pesto. La stanza cade nel buio. Brancolare nel buio è come nuotarci dentro affannosamente.
Anche la luce viene trattata come sostanza ( pieno di luce, inondato di luce), ma è soprattutto un antidoto del buio. La sua funzione principale sembra essere quella di scacciare il buio, ristabilendo uno stato di visibilità. Fare luce significa rimuovere la sostanza oscura e restituire allo spazio la sua trasparenza, permettendo agli occhi di vedere.
La luce scaccia le tenebre, fa chiaro, mette in luce, porta alla luce, rivela. E’ andata via la luce ( ed è arrivato il buio).
A questa lotta tra la luce e le tenebre l’osservatore assiste impotente, limitandosi ad aspettare che “torni la luce”. Quando il campo è tornato di nuovo sgombro egli può rivolgere i suoi occhi agli oggetti e vederli.
b) Una concezione “olistica”: l’immagine come un tutto intero
Una delle concezioni spontanee che maggiormente ostacolano il raggiungimento della visione scientifica è quella che considera l’immagine come un tutto unico ed intero, una copia più o meno fedele di un oggetto altrettanto unico ed intero.
Nelle antiche teorie e nel linguaggio comune, che inconsapevolmente le ripropone, è largamente diffusa questa visione che potremmo definire di tipo “olistico” e “sintetico”.
La visione scientifica attuale nasce, invece, da una vera e propria “disintegrazione” di tutti gli elementi in gioco.
Una sorgente estesa viene vista come un insieme di sorgenti puntiformi; l’oggetto è scomposto in punti-oggetto; l’immagine diventa un insieme di punti-immagine; diaframmi, specchi e lenti sono considerati come insiemi di elementi ottici puntiformi.
Ognuno di questi elementi “puntiformi”contribuisce alla formazione dell’immagine complessiva che l’osservatore vede direttamente o tramite uno schermo.
Si tratta, come si vede, di una visione che potremmo definire “discreta” o “analitica”, piuttosto lontana dalla concezione comune .
La tenacia della visione olistica è tale, tuttavia, da condizionare fortemente l’acquisizione della visione scientifica. Sembra che anche dopo un insegnamento sistematico dell’ottica, il risultato più probabile sia quello della formazione di una conoscenza “ibrida” post-istruzione ancora intermedia tra la visione olistica e quella formale.
Troveremo le tracce di questa strenua resistenza in ciascuno dei passaggi che andiamo a compiere.