IL RINASCIMENTO
Il Rinascimento è uno dei momenti più importanti per la rappresentazione prospettica. In questo periodo con la messa a punto di regole precise per la rappresentazione del reale, codificate in trattati schematici, artisti e matematici cercano di superare l’empirismo della prospettiva communis medioevale. Le importanti ricerche prodotte nel tardo Medioevo non possono comunque essere confuse con il coerente ed approfondito studio che caratterizzerà la prospettiva rinascimentale.
Il termine “prospectiva” perde il significato medievale ( legato alle leggi dell’ottica e della luce ) per passare ad indicare un metodo grafico per rappresentare la profondità spaziale. La prospettiva viene quindi usata per rappresentare nel piano oggetti disposti in uno spazio tridimensionale. Sebbene non riproduca esattamente le modalità di visione dell’occhio umano, la prospettiva è il metodo di indagine che consente la ricostruzione della struttura reale, la raffigurazione bidimensionale dello spazio tridimensionale.
Tuttavia, alle rigorose norme teoriche della prospettiva la prassi artistica finì per apportare, volta per volta delle variazioni e ciò senza informarne l’indubbia validità.Se da una parte l’uso della prospettiva mirava a razionalizzare la ricostruzione della realtà, dall’altra la sua applicazione conduceva ad operare delle schematizzazioni: l’integrazione armoniosa tra le esigenze di realismo e la tendenza all’astrazione costituì l’assunto più originale dell’arte rinascimentale.
Filippo Brunelleschi
Brunelleschi è l’artefice del passaggio dalla ricerca astratta alla sua applicazione pratica. Tra il 1410 e il 1413 egli affronta il problema della rappresentazione scientifica della terza dimensione su un piano, pervenendo a soluzioni ben differenti rispetto agli artisti medievali, che avevano affrontato il problema in modo empirico. Infatti, i loro procedimenti non scaturivano dall’intersezione dei raggi visuali con un “piano di riferimento”, ma erano basati su esperienze pratiche e posti in essere direttamente sul piano di rappresentazione.
Brunelleschi conosceva l’opera di Euclide sulla geometria e in particolare i teoremi VI, VII e VIII dell’Ottica e il X in cui era espresso il concetto dei raggi visuali e dell’intersezione di questi con il “piano quadro”. Inoltre aveva certamente dimestichezza con le opere di Vitruvio ( De Architectura ) e di Tolomeo ( Ottica ).
Da ciò, intersecando i raggi proiettanti ( passanti per il punto di vista ) con il piano di riquadro, ed utilizzando a questo scopo, la pianta e l’alzato dell’elemento da rappresentare, egli riesce a risolvere il problema della rappresentazione dello spazio. La costruzione legittima ideata da Brunelleschi è un procedimento rigorosamente geometrico, anche se la sua costruzione grafica risulta molto complessa e richiede pertanto molto tempo. Significative sono le tavolette prospettiche realizzate all’inizio del Quattrocento e di cui, seppure molto precisa, ci è pervenuta soltanto la descrizione. In una di esse ed attraverso un foro praticato nella tavoletta, era possibile osservare la veduta prospettica del Battistero di Firenze riflessa da uno specchio. Questa tavoletta costituisce la nascita delle regole per la costruzione della prospettiva di un edificio.
Leon Battista Alberti
Architetto e umanista ( 1404-1472 ) è il primo a codificare le regole prospettiche.
Nel trattato De Pictura (1435-1436 , stampato nel 1511) definisce le regole della “costruzione legittima” ( cioè della proiezione centrale con punto di distanza ).
Partendo dai concetti brunelleschiani, con un metodo prospettico detto “costruzione abbreviata” risolve alcuni problemi pratici, semplificandone il procedimento.
Nella sua opera Alberti suddivide la prospettiva in:
– prospettiva come metodo di rappresentazione
– “perspectiva naturalis” o “communis”, o scienza della visione
– “perspectiva artificialis” o “pingendi”, scienza della rappresentazione.
Il trattato si apre con una discussione generale dei principi dello scorcio per poi descrivere un metodo per rappresentare in un “piano del dipinto” verticale una serie di quadrati disposti in un “piano del pavimento” orizzontale.
Alberti ebbe il merito di introdurre due concetti di base:
- la convergenza verso un punto di fuga unico di tutte le rette perpendicolari al piano della rappresentazione.
- la progressiva diminuzione delle dimensioni apparenti degli elementi al crescere della loro distanza, da valutarsi attraverso la costruzione di un punto laterale detto “punto di distanza”.
Il metodo abbreviato forniva un criterio molto efficace per la costruzione della prospettiva e fu utilizzato dagli artisti dell’epoca per mettere in scorcio una pianta quadrettata o per realizzare un vero e proprio reticolo spaziale di riferimento per la realizzazione della prospettiva.
Su questo argomento Giulio Carlo Argan nella sua Storia dell’Arte Italiana, ha scritto:
La teoria prospettica nell’enunciato albertiano è una semplice applicazione alla visione delle leggi della geometria euclidea. Se lo spazio è una forma unitaria ed omogenea è anche una forma in cui tutte le parti si distribuiscono simmetricamente rispetto ad una linea mediana o centrica. Ma non si arriva a stabilire questa linea se non in rapporto alla situazione di chi guarda e la cui mente è come un piano su cui si proiettano, tramite gli occhi, le immagini della realtà. Il riguardante vede le linee di profondità convergere in un punto: di tutte queste linee, la mediana ( il “razzo centrico” di Alberti ) è la perpendicolare al piano ideale su cui si proietta, nella mente, la visione. Possiamo considerare il fascio delle linee convergenti in un punto ( punto di fuga ) come una piramide, di cui quell’ideale piano di proiezione sia la base e possiamo immaginare di tagliare la piramide in tanti piani paralleli alla base. Avremo così tante sezioni della “piramide visiva”. I lati della piramide sono triangoli; tagliando i lati parallelamente alla base avremo, come insegna Euclide, tanti triangoli simili i cui lati sono proporzionali.
Poiché la piramide è vista in profondità ( come guardandovi dentro dalla base, in modo che il suo asse unisca il vertice, punto di fuga, e il nostro occhio), il teorema delle proporzioni ci dà la legge matematica del degradare delle grandezze secondo la distanza. Con la prospettiva non vediamo più le cose in sé, vediamo tutto per rapporti proporzionali; la realtà non si presenta più come un inventario di cose, ma come un sistema di relazioni metriche.
Dice chiaramente l’Alberti, che ogni conoscenza si fa “per comparazione”.
Piero della Francesca
L’impianto teorico delle tecniche per la costruzione della prospettiva venne completato da Piero della Francesca ( 1416-1492 ) che, oltre ad essere un grandissimo pittore, fu anche buon matematico, al punto da essere definito dal Vasari “il miglior geometra che fusse dei tempi suoi”.
Piero è consapevole della necessità di riferire la rappresentazione pittorica ad un organico e completo sistema di leggi e procedimenti matematici. Più che chiedersi “cosa” rappresentare il pittore dovrà occuparsi di “come” giungere ad una rappresentazione verosimile e corretta.
Piero compilò nel 1475 il De prospectiva pingendi , che costituisce il primo trattato organico della prospettiva rinascimentale.
In esso la rappresentazione figurativa è riferita ad un sistema di leggi e procedimenti matematici che devono consentire una verosimile traduzione dello spazio attraverso opportune deformazioni prospettiche avvertite dall’occhio umano.
Mentre l’Alberti aveva concentrato la sua attenzione nel rappresentare sul piano del dipinto figure sul piano del pavimento, Piero affrontò il problema di dipingere nel piano oggetti tridimensionali.
La Flagellazione di Piero della Francesca è opera emblematica di tutto il ‘400.
L’impianto prospettico è rigoroso e descrive uno spazio architettonico classico, scandito dal pavimento lastricato che rende lo spazio perfettamente misurabile. Le linee che descrivono la profondità guidano lo sguardo verso l’episodio principale del racconto.
Masaccio
Nella Trinità ( dipinta tra il 1425 e il 1426 per la chiesa di S. Maria Novella di Firenze), si compie con Masaccio una delle maggiori rivoluzioni che la storia dell’arte conosca: lo spazio architettonico e le figure della narrazione sono presenti in modo unitario. E’ possibile, infatti, ricostruire lo spazio architettonico descritto nel dipinto e calcolarne esattamente la profondità.
Albrecht Durer
La diffusione delle teorie sulla prospettiva nell’Europa centro- settentrionale è favorita dal lavoro di Albrecht Durer ( 1471-1528 ), artista di Norimberga in contatto con ambienti veneziani e bolognesi. Nel 1525 Durer pubblica la sua opera Institutionem geometricarum Libri quatuor . Nel libro quarto illustra alcune costruzioni ( esatte ed approssimate ) di poligoni regolari e, inoltre , le tecniche di rappresentazione prospettica di molti poliedri ed il loro sviluppo su un piano. La pianta e l’alzato sono usate con sicurezza. Durer afferma che la struttura prospettica di un quadro non deve essere disegnata a mano libera, ma ricavata attraverso giustificati procedimenti matematici.