L’OCCHIO E’ UN SEMPLICE RICEVITORE
Utilizziamo uno dei tanti schemi anatomici disponibili per riassumere i principali elementi che abbiamo osservato sino ad ora.
Giunti a questo punto della nostra indagine, dobbiamo ammettere che nessuno degli organi esaminati sembrano essere in grado di emettere sostanze sottili o radiazioni, capaci di raggiungere gli oggetti e riportarne la visione all’osservatore.
Tutti gli organi appaiono, al contrario, predisposti alla ricezione della luce che proviene dagli oggetti esterni. Cornea, umore acqueo, cristallino e umor vitreo costituiscono una catena di elementi perfettamente trasparenti, che permettono alla luce di attraversarli e raggiungere la retina; l’iride e la pupilla si incaricano, invece, di regolarne il flusso in modo tale che la retina non ne resti abbagliata.
Dobbiamo rassegnarci ad abbandonare una ipotesi molto cara al senso comune. Dobbiamo ammettere, a questo punto, che il tramite tra noi e gli oggetti, sia rappresentato dalla luce che essi emettono o riflettono.
Come abbiamo già osservato questa ipotesi ci richiede uno sforzo mentale maggiore, perché non sembra essere sostenuta da alcuna evidenza sperimentale: se ci capita, talvolta, di vedere i fasci di luce che illuminano gli oggetti, non ci accade mai di osservare raggi luminosi che congiungono gli oggetti illuminati con gli occhi degli osservatori.
Resta irrisolto, inoltre, un altro problema che non possiamo trascurare.
Una volta ammesso che sia la luce proveniente dall’oggetto a stimolare la visione all’interno dell’occhio, come si spiega che gli oggetti li vediamo all’esterno, dove essi si trovano realmente?
Per tentare di rispondere a questo mistero dobbiamo andare oltre il punto al quale siamo arrivati sinora e proseguire seguendo la traccia indicata dal nervo ottico, addentrandoci nel mondo ancora in gran parte inesplorato del nostro cervello.