GEOMETRIA COL RICAMO

Se riguardo alla geometria con gli Origami abbiamo potuto avvalerci di molte e qualificate esperienze, non altrettanto ci è stato possibile per la geometria attraverso il Ricamo.      Per quanto abbiamo cercato, non siamo riusciti ad avere notizia di esperienze didattiche che abbiano utilizzato questa antichissima arte manuale. Probabilmente, anche in questo caso deve aver prevalso il pregiudizio che la manualità non abbia molto a che fare con l’intellettualità.

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Memori dell’insegnamento montessoriano, abbiamo ritenuto, invece, che essa ci potesse offrire nuovi spunti per una pratica geometrica più concreta e coinvolgente.

Grazie alla collaborazione di una nostra amica, Claudia Giannini, che il ricamo lo pratica con passione e lo insegna a bambini anche molto piccoli, abbiamo pensato di sviluppare ulteriormente la geometria cartesiana, che avevamo scoperto sul pavimento dell’aula.

Dopo la  griglia cartesiana formata dalle mattonelle quadrate del pavimento e quella più piccola formata dai fogli dei quaderni a quadretti,  avevamo la possibilità di lavorare su griglia ancora più stretta: quella della tela da ricamo, la Tela AIDA.

RIPRENDIAMO IL RACCONTO DEL NOSTRO DIARIO

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CLAUDIA, la nostra maestra di ricamo

Oggi insieme con Caterina, Ettore e Tiziana c’era anche Claudia, una maestra di ricamo che insegna ai bambini piccoli come noi, e anche un po’ più grandi.

Ci hanno detto che oggi avremmo imparato a scrivere e a disegnare con l’ago e il filo, anziché con le penne e le matite. 

Viola ha detto subito che era “Impossibile!”, ma noi abbiamo accettato la sfida.

Prima di darci la tela, l’ago e il filo per ricamare ci hanno spiegato come dovevamo fare su una tavoletta con tanti fori rotondi, nei quali si poteva passare un laccio da scarpe.

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Angelica è giustamente orgogliosa del suo quadrato!

Dopo aver “ricamato” sulle tavolette forate, Claudia ci ha mostrato la tela per il ricamo, una tela chiamata tela AIDA, con tanti forellini piccoli piccoli nei quali dovevamo infilare l’ago con il filo. Forse aveva ragione Viola a dire che era “Impossibile”, perché i forellini sono così piccoli che quasi ci vuole la lente d’ingrandimento per vederli.

E anche l’ago non è facile da adoperare come una penna o una matita. Intanto è fino fino, e ha un buchetto così piccolo che ci vuole tanta mira per infilarci il filo. Claudia ci ha spiegato che quel buchetto si chiama cruna dell’ago e ci ha insegnato un trucco per infilarci il filo più facilmente. Dobbiamo prendere il filo tra il pollice e l’indice, in modo che ne esca solo un pezzettino, poi lo dobbiamo ciucciare un po’ con le labbra per inumidirlo e fargli la punta; così è più facile farlo entrare nella cruna.

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Proprio così’! Come fa Beatrice.

Per facilitarci il compito, Claudia ha consegnato a ognuno di noi un pezzo di tela fissato su un telaio rotondo di legno perché restasse bello teso.

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In questo modo abbiamo ricamato comodamente, quasi come con le tavolette forate, con la differenza che stavolta dovevamo “aguzzare” la vista!

Guardandola da vicino, ci siamo accorti che la tela assomigliava un po’ al pavimento della nostra aula; solo che invece delle mattonelle c’erano dei quadratini di stoffa con i fori sugli angoli. Allora abbiamo capito che per andare dritti bisognava seguire la fila dei forellini.

Ci siamo accorti, però, che c’è una bella differenza: sul pavimento ci si può camminare solo sopra, mica si può andare sotto!  L’ago, invece, una volta va sotto, una volta torna sopra la stoffa, come se fosse un delfino che nuota in mare.

In questo modo il filo ricama una linea tratteggiata, non una linea tutta unita.

Non è, però, che il filo si è spezzato, è solo che non si vede perché sta sotto, dall’altra parte. Infatti, Claudia, ci ha fatto vedere che basta girare il telaio, sul rovescio, per controllare che il filo non si è spezzato, e che ha fatto dei trattini come quelli che si vedevano sul dritto.

Claudia ci ha spiegato che ognuno di questi trattini si chiama punto filza, forse perché sono proprio in-filzati con l’ago, come se fossero gli “arrosticini” su uno spiedo.

Ci ha consigliato anche, per non sbagliare, di girare ogni volta il telaio, per lavorare una volta sul dritto e una volta sul rovescio. Quando saremo più allenati, riusciremo a infilare l’ago da dietro, senza bisogno di girare il telaio.

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Emanuele sta facendo pratica di “dritto” e “rovescio”

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